venerdì 3 settembre 2010

Racconto diverso.

Alle cinque di mattina, ero già al forno per prendere pane e cornetti freschi. Il forno da casa mia, dista un centinaio di metri ci andai in vestaglia e sotto la piccola camicia da notte. Oreste il fornaio, è un buontempone, gli piace molto scherzare dire frasi provocatorie. Non appena mi vide, gli brillarono gli occhi eravamo soli. Prese dalla cesta uno sfilatino e cominciò a lisciarlo come se fosse un grosso cazzo.
«Così mi è diventato non appena è entrata.» Disse passandosi la lingua sulle labbra in modo molto sensuale. Sentii la mia passera masticare a vuoto. Oreste uscì da dietro al banco, si mise alle mie spalle, passò le mani sotto le mie braccia e mi strinse i seni. Allungai la mano e gli tastai il cazzo da sopra i calzoni era duro. Mi aprì la vestaglia e tirò fuori le tette dalla camicia da notte. Prese i capezzoli tra le dita come se fossero mozziconi di sigarette e li tirava. Abbassai la cerniera e infilai la mano nella patta aperta. Afferrai il cazzo e lo tirai fuori. Al tatto era tozzo, grosso. Sentivo l’alito caldo sul collo e la lingua che mi leccava l’orecchio.
«Come mai qui a quest’ora?»
«Avevo voglia di cazzo.»
«Tuo marito non te lo da?»
«E’fuori per lavoro da una settimana.»
«Sapevi che qui avresti trovato quello che cercavi vero?»
«Ci speravo.»
«... e ti è andata bene ho una gran voglia di fotterti sei una vacca vieni.» Mi prese per mano e andammo nel retrobottega. Guardai il suo arnese era davvero grosso e nodoso.
«Togliti tutto ti voglio nuda.» Si calò i calzoni, mi spogliai, quando tolsi gli slip, mi spinse sui sacchi di farina.
«Comincia con un bel bocchino.» Non aspettavo altro avevo una gran voglia di prenderlo in bocca. La cappella era molto pronunciata la ripulì dai peli. L’odore di piscio che emanava quella verga, mi riempì le narici. Gli leccai il glande, poi, lo presi in bocca e iniziai a ciucciarlo.
«E brava la signora Cinzia succhi davvero bene.» Succhiare un cazzo alle cinque del mattino a stomaco vuoto, mi metteva un certo languorino. La pancia borbottava.
«Che delizia. Ma ora basta voglio chiavarti in fica prima che arrivi Ignazio il “metronotte” allarga le cosce.» Mi distesi sui sacchi di farina e spalancai le gambe. Oreste si sdraiò su di me e me lo mise dentro. Era un omone grosso, il peso del suo corpo mi schiacciava “speriamo che sborri presto”. Mi dicevo tra me. «Ohhh... bella topona sei una gran chiavata ahhh... che bello!» Sentivo le ossa scricchiolare il “pachiderma” non veniva. «Dai sborra, schizza riempimi di sperma l’intestino.» Lo spronavo incitavo, ma niente continuava a fottermi con veemenza, ma dello sperma nessuna traccia. “Oreste! Oreste!” La voce ci arrivava dal negozio. «Cazzo! È Ignazio il metronotte.» Disse Oreste alzandosi e ricomponendosi. Uscì lasciandomi a cosce aperte sui sacchi di farina. Non sapevo se rivestirmi o aspettarlo per farlo concludere. Mi alzai, presi un cornetto e lo azzannai. Ignazio, lo conoscevo bene era il nipote di Vittorio mio marito. Per educazione mi chiamava zia. Un bel ragazzo di venticinque anni. Mi faceva una corte sfrenata tutte le volte che ci incontravamo. Ero sempre riuscita a dribblarlo per non fare un torto a mio marito. Personalmente non mi sarebbe dispiaciuto farmi dare due colpi da Ignazio, ma Vittorio era stato categorico “tutti tranne che lui!” Mi aveva detto.” È un fanfarone uno che si vanta mi sta sul cazzo”. Aveva aggiunto. Nuda seduta sui sacchi di farina, mangiavo il mio cornetto. Oreste non tornava ed io non potevo andarmene sentivo che c’era gente nel negozio. Erano ormai le sei ora di punta per il forno. Tutti si apprestavano a comprare pane e cornetti per preparare le colazioni a figli e mariti. Entrò Oreste. «Abbi pazienza c’è tanta gente.» Mi disse ansioso. «Voglio tornarmene a casa.» Risposi alzandomi. Non replicò tornò nel negozio. In che situazione di “cacca”, mi ero cacciata. Mi rivestii. Misi in una borsina di plastica, del pane e dei cornetti, ero intenzionata a uscire. Controllai che tutto fosse in ordine che non avevo niente fuori posto. Feci un grosso respiro e varcai la soglia. «Vado Oreste ho preso quello che mi serviva.» Uscì a testa bassa senza guardare in faccia quelli che erano nella bottega. Una volta in strada, sospirai per la ritrovata libertà.
Short o minigonna? Cosa indossare per andare a fare un po’ di “shopping?” Un dilemma. Con delle belle cosce, puoi permetterti sia uno sia l’altra, anche se a mio avviso gli uomini preferiscono la minigonna. E sì perché lo short pone dei limiti, oltre non vedi mentre con la minigonna, c’è sempre la speranza di poter vedere le mutandine se ci sono. Mentre mi masturbavo la mente con questi pensieri futili, suona il campanello. Vado ad aprire. Davanti mi trovo Ignazio è scuro in viso.
«Come mai quella faccia che succede?» Gli domando e, lo faccio entrare.
«Ti ho vista stamattina uscire dal retrobottega del fornaio.»
«... e allora!? Sono andata a comprare il pane!»
«Quello che facevi già lo so. (divenni rossa in viso) Non sono qui di mia spontanea volontà mi ha mandato Oreste.»
«Oreste! Per quale motivo?» Non capivo perché l’aveva mandato. Ignazio era serio mai visto così.
«Il fornaio ha l’abitudine quando in pasta il pane, di togliersi l’anello e il braccialetto, oggetti d’oro che ripone su una mensola nel retrobottega. Sono spariti.»
«Cosa posso farci io! Oddio... non penserai tu e quello stronzo che li abbia presi io? Ora capisco la tua faccia. Oreste ti ha mandato perché sospetta di me vero? Tutto questo è assurdo» il sangue mi salì alla testa, andavo avanti e indietro nella cucina nervosamente.
«Pensi davvero che sono una ladra? Rispondi!»
«No! Però, stamattina nel retrobottega c’eri tu.»
«Che significa! Ero con lui stavamo scopando, poi, sei arrivato tu Oreste è uscito ho preso del pane e dei cornetti e me ne sono andata. Non ho visto alcun braccialetto né anello. Digli che mi denunci se pensa questo. Gli farò una controquerela e lo mando in galera per diffamazione.» Avrei voluto piangere solo il sospetto di quei due, mi faceva star male.
«Non ti denuncia se lo facesse, la moglie scoprirebbe tutto per questo ha mandato me.»
«Quindi tu sei l’investigatore, l’inquisitore. Allora scopri la verità. Ci saranno altri che sono entrati in quel maledetto retrobottega, scoprilo.»
«Mi sono già informato. Oltre a Oreste, hanno l’accesso al magazzino altre tre persone. Ovidio il nipote del fornaio quello che consegna il pane. Un ragazzo difficile ha avuto dei problemi con la giustizia a causa della droga. Maruska la donna delle pulizie di origini polacche. Faceva la badante e stata cacciata perché maltrattava la vecchietta che assisteva. Nunzio l’uomo di fatica con il vizio del gioco.»
«E tu con un campionario così vasto di presunti “ladri”, vieni da me. Indaga tra loro.»
«Lo farò stai tranquilla. Ti tirerò fuori da questa storia zia» mi si avvicina e mi mette le mani sui fianchi. «Ora pensiamo a noi due.» Mi dice attirandomi a se. Il mio corpo aderisce al suo sento che è eccitato.
«Ho altro per la testa in questo momento»
«non ci pensare zia. Vedrai che si chiarirà tutto lasciati andare.» Mi bacia la fronte, il naso, le guance arriva sulle labbra.
«Ti prego fermati Ignazio!» Per tutta risposta, infila la lingua nella mia bocca. Nonostante il morale a pezzi, rispondo a quel bacio. Le nostre lingue, si leccano incrociano entrano ed escono dalle nostre bocche. Un bacio carnale, passionale, libidinoso. Mi sfrego su di lui movendo il bacino lateralmente il suo cazzo è duro come un sasso. «Andiamo in camera zia, voglio scoparti sul letto.» Mi strizza le tette. Mi sto eccitando. Arrivati in camera, si spoglia frettolosamente buttando i vestiti sulla poltrona. Nudo non è per niente male ha un bel corpo e, un cazzo di tutto rispetto. Indosso una t- shirt e mutandine tolgo tutto. Siamo entrambi nudi ci abbracciamo.
La sua verga preme sul mio monte di venere tra i peli. Le nostre bocche, tornano a cercarsi ci stiamo baciando come prima con un maggiore trasporto. Mi mette le mani sulle spalle invitandomi a chinarmi lo faccio. Sono inginocchio davanti a quel rotolo di carne che prendo in bocca. Succhio, lecco, mordo quella verga a forma di banana.
«Ohhh... sei una gran porca.» Mi dice Ignazio con voce spezzettata. Si sono porca, troia, zoccola, puttana e mi piace esserlo penso tra me. «Voglio farti il culo, mettiti a pecora sul letto.» Con quel cazzone, mi farà male lo so, ma non voglio deluderlo. Mi metto come mi ha detto. Entra nel mio budello con un colpo secco lo sento nella pancia. È fermo non si muove. Il dolore è lacerante mi mordo il labbro inferiore. Comincia a trapanarmi. «Fa piano ti prego mi brucia.» Gli dico con voce sofferente. Mette la mano tra le cosce, e mi tentenna il clitoride. Il suo stantuffare è fatto di colpi secchi e precisi. Esce quasi del tutto per poi affondare energicamente. Questo mi provoca lo stimolo di evacuare, mi trattengo. «Ohhh... non sai quante volte ho immaginato questo momento, incularti era il mio sogno»
«... si, però non starci un’eternità sbrigati a venire.» Non resistevo più.
«Sei una cagna zia, una gran cagna.» Uno, due, tre fiotti di sborra calda, mi riempirono il budello. «Ahhh... sì... sì... tutto nel culo ohhh... puttana!» Si sfila. Ho l’impressione che nell’uscire, si porti con sé parte di me. Si sdraia supino hai il fiato grosso. Il suo cazzo è ancora eretto. Malgrado il dolore, ho voglia di godere. Mi netto su di lui e, infilo il cazzo nella fica lo cavalco. Non sarà il massimo dell’igiene metterlo in fica dopo che è stato nell’ano, ma che se ne frega voglio raggiungere l’orgasmo ad ogni costo. Poggio le mani sul suo petto e vado su e giù.
«Ci sei riuscito a fotterti la moglie di tuo zio eh bastardo! Voglio godere... godere.»
«Sei una bocchinara una lurida succhiacazzi che va con tutti stronza!»
«Sono una porca, una zozza che senza cazzo non può vivere. Ohhh... cristo santo sì... sì... vengo godo godooo... ! » Sono tutta un fremito, vibro come una corda di violino. Mi stendo al suo fianco, poggiando la testa sul suo petto.
«Per me, è stato il nipote un drogato è inaffidabile per avere la droga, è capace di commettere qualsiasi crimine. Ma anche la donna delle pulizie non è da escludere. Una che maltratta la vecchietta che accudisce, non si farebbe scrupoli a rubare. Però potrebbe essere stato anche l’uomo di fatica. Un giocatore è come un drogato non ha freni. Mamma mia che casino non ci capisco un cazzo.» Davvero non ci capivo niente tutti potevano essere colpevoli.
«Non tormentarti zia ci penserò io, rilassati.»
«Come faccio a rilassarmi con un’accusa del genere. Questa storia va chiarita subito altrimenti divento pazza!» Ignazio si alza e comincia a vestirsi. Infila slip, calzini e camicia, infine i pantaloni. Qualcosa gli cade dalle tasche. Mi affaccio dal letto per vedere cosa ha perso. Anche lui come me, fissa il pavimento. Mio Dio! A terra c’è il braccialetto e l’anello. Guardo Ignazio, ha il viso rosso e sempre impietrito.
«Che cosa significa!» Urlo scendendo dal letto. Raccolgo gli oggetti e, glieli metto sotto il naso.
«Mi dici cosa ci facevano questi nelle tue tasche? Dannazione parla!» Si lascia cadere sulla poltrona come un burattino al quale hanno tagliato i fili. Ha il capo chino e si tormenta le mani. Aspetto con ansia che inizi a parlare sono furibonda.
«Oreste mi ha telefonato dicendomi che gli erano spariti degli oggetti preziosi. Sono andato da lui. Abbiamo cercato nel retrobottega, ma niente poi, il fornaio è uscito sotto la mensola, dove erano appoggiati il braccialetto e l’anello, c’era un secchio pieno di farina. Ho messo la mano dentro e li ho trovati, me li sono messi in tasca.»
«Perché non hai detto a Oreste di averli trovati? Perché hai permesso che accusasse me?»
«Volevo fartela pagare per tutte le volte che mi avevi detto di no! Ero incazzato nero. Mi dicevo: “Con lui sì, e con me no, perché?” Ti ho odiata in quel momento dovevi pagarmela.»
«Mamma mia che brutta persona che sei. Avevi programmato tutto sapevi che con un’accusa del genere sulle spalle, sarei diventata più fragile e avresti potuto fare i tuoi comodi. Una volta raggiunto lo scopo, saresti andato dal fornaio dicendo che avevi trovato braccialetto e anello da me. Così te lo toglievi dalle palle con una fava prendevi due piccioni.»
«No! Avrei rimesso gli oggetti nel secchio e avrei fatto in modo che li trovasse scagionandoti. Perdonami zia!»
«Tieni fa quello che ti pare a me non interessa più niente né di te, né del fornaio sparisci.» Gli diedi gli oggetti e, lo misi alla porta.
Oreste venne da me per scusarsi lo cacciai in malo modo. Non andai più da lui a comprare il pane e Ignazio non si fece più vedere.